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Solstizio d’estate
E’ estate: la stagione del colore
il culmine dell’anno, quasi il resto
ne sia preparazione oppur pretesto,
lenta rivalsa da buio e grigiore
Le altre stagioni: inverno, primavera
e autunno son la prova generale
di quel grande spettacolo teatrale
che la Natura ci presenta, fiera
Più intenso d’ogni fior sento l’odore
il sole indaco rende il cielo immoto
delle cicale il canto i sensi culla.
Di nove mesi i patimenti annulla:
un anno senza estate è triste e vuoto
come una vita intera senza amore
Le 5 battute più divertenti mai dette sulla Primavera
Scritto per In Supposte
E’ arrivata la Primavera! E insieme a lei fioccano le frasi più scontate, a cominciare da quella sulle mezze stagioni che non ci sono più. E poi fiori, fiori, fiori…
Possibile che nessuno abbia mai associato la Primavera a qualcosa di diverso dai fiori? Che noia! Persino la mitica Miranda Pristley del “Diavolo veste Prada” ha dichiarato: “Floreale”? In primavera? Avanguardia pura…”
In realtà qualcuno che si sia divertito a dissacrarla, e senza menzionare l’allergia, c’è stato.
Vi riporto alcune battute tra le più divertenti che mi siano capitate a portata di orecchio.
Non ci sono più mezze stagioni. Vivaldi, fosse nato adesso, non faceva primavera, estate… Ne faceva una sola, una sola di strombazzamenti e la chiamava “Tempo di merda” (Luciana Littizzetto);
Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla (Ennio Flaiano);
La primavera è in ritardo. Si pensa che sia rimasta incinta (Massimo Boldi);
– Crede che sarà una Primavera precoce?
– La prevedo per il 21 di marzo (Bill Murray, tratta dal film “Ricomincio daccapo);
Se una rondine non fa primavera, figurarsi se un coglione fa categoria (Lella Costa)
Nostalgia canaglia
Ferie concluse ormai da qualche giorno
sebbene d’esse fare rimembranza
rinfranchi dal grigiore del ritorno
Della ripresa è dura la sostanza
come se fosse un camion contro il quale
mi scontro e inesorabilmente avanza
Lo so, quanto dirò sembra banale
ma tutto sembra pallido e slavato
persino quando il sol splende regale
Della città il color pare sgranato
come una vecchia foto in bianco e nero
il cui smalto dal tempo è ormai segnato
L’ufficio pare loco a me straniero
e fingo d’esser in un altro posto
invece che in quest’antro, buio e altero
Mi sento un pollo sopra un girarrosto
che gira, mentre a fuoco lento cuoce.
Scusate, quanto manca a ferragosto?